Z come ZEN

Lo Zen, le filosofie orientali e la meditazione sono spesso nella storia personale dei gestaltisti.

Il concetto di equilibrio degli opposti è una parte sostanziale della nostra pratica e teoria.

Le prime pagine de L’io, la fame e l’aggressività di F.Perls sono dedicate al pensiero differenziale di S. Friedlander, autore oggi sconosciuto ai più che si confrontò a lungo con il pensiero orientale. Per questo autore la descrizione degli eventi attraverso catene causa-effetto, presente nel linguaggio scientifico e nel linguaggio che parliamo quotidianamente, è errata e fonte di confusione.

Gli eventi di cui facciamo esperienza della nostra esistenza, quelli intimi come quelli più oggettivi, possono essere collocati lungo una linea che congiunge e differenzia due polarità opposte. Se una certa situazione, per esempio essere in compagnia dei miei genitori, mi rende triste e mi fa vivere intensamente un lato della polarità, è possibile che io mi sottragga alla possibile gioia di essere con loro.

L’attitudine dello Zen è quella di imparare a mantenersi in uno stato di equanimità, o di indifferenza creativa, rispetto alle polarità che vivo.

Essere in contatto con una persona diversa richiede al terapeuta della Gestalt la capacità di vivere in uno stato di partecipazione e di distacco molto specifica, simile a quella praticata dai maestri Zen. Stare con un altro in modo consapevole e produttivo ci richiede l’esplorazione della polarità in cui sta attualmente vivendo e della polarità opposta.

La crescita personale consiste nell’acquisizione della capacità di muoversi elasticamente e sentitamente tra diverse polarità. Come nello Zen questo sostegno proviene solo in misura ridottissima da un confronto di argomentazioni tra un maestro e un allievo: il cambiamento e l’esplorazione delle polarità richiede l’impegno esperto del proprio corpo, dell’emozione, della percezione corporea, della capacità di avvicinarsi e allontanarsi esistenzialmente da un altro. Dove c’è del pieno portare il vuoto, dove c’è il vuoto portare il pieno, incessantemente.