R come RETROFLESSIONE

Retroflettere significa letteralmente “volgere indietro”, è un movimento necessario all’individuo per entrare in contatto con l’ambiente, poiché segna l’educazione sociale e considera il contesto, nel senso che non posso permettermi di esprimere tutte le mie tendenze aggressive o i miei impulsi sessuali, altrimenti le conseguenze sarebbero ingenti e non sarei in contatto con l’ambiente che è indispensabile per soddisfare i miei bisogni.

Quando invece per l’individuo retroflettere è una modalità cronica e inconsapevole, viene considerata nella Terapia della Gestalt come interruzione di contatto. La persona fa a se stessa ciò che vuole fare a qualcuno o a qualcosa.

Gli individui di solito imparano a retroflettere quando da bambinə i loro sentimenti e i loro pensieri non sono stati tenuti in considerazione dalle proprie famiglie d’origine, oppure sono statə punitə quando li esprimevano. Gli impulsi aggressivi diventano blocco e tensione muscolare, tutta l’energia viene impiegata dal soggetto per trattenersi.

Nella retroflessione abituale, il soggetto ha tagliato fuori l’ambiente e dedica tutte le sue energie ad un conflitto interno tra una parte e l’altra della sua personalità. Una parte agisce e l’altra subisce, l’impulso aggressivo è rivolto verso la sua persona. L’individuo vive una vita di auto-castrazione.

Le forme più importanti di retroflessione sono l’odio verso di sé che può giungere fino al suicidio, il narcisismo e il super-controllo.

Alla maggior parte di noi è stato insegnato che l’aggressività è negativa e che ad esempio manifestare la propria rabbia può condurre alla distruzione. In Gestalt invece consideriamo indispensabile l’aggressività intesa come energia di movimento verso l’ambiente. Il lavoro in seduta consiste nel far notare alla persona la retroflessione che manifesta, di solito si esprime con un gesto inconsapevole e si inizia ad esplorarla, non evitandola ma sostenendo il cliente ad amplificare il gesto. In questo dialogo l’individuo può condividere con il terapeuta o il counselor ciò che gli accade, quello che sente e a portare fuori, verso l’ambiente la sua energia e le sue emozioni.

La retroflessione è corpo, è tensione muscolare incorporata, potremmo dire è l’atto mancato che nei pensieri si è già compiuto più e più volte e non è andato a buon fine, perché nei pensieri manca l’ambiente, manca l’altro, nel qui ed ora della situazione presente invece si può sperimentare una nuova esperienza, una nuova Gestalt.